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06.04-03.11.2024
Riva del Garda | Museo

A cura di Alessandro Riccadonna, Valentina Varoli

In collaborazione con il Museo Alto Garda e la Soprintendenza per i Beni e Attività Culturali della Provincia Autonoma di Trento.

 

La mostra

La rilettura del lavoro di Skulina permette di ripercorrere una pagina importante della storia locale e parallelamente seguire lo sviluppo di una nuova sensibilità visiva. Skulina asseconda con il proprio lavoro i cambiamenti sociali ed economici che contraddistinguono l’Alto Garda nel Secondo dopoguerra, riflettendoli anche nella costruzione delle proprie fotografie. Con l’affermarsi dell’attività dell’agenzia turistica, si osserva uno scarto evidente rispetto agli stereotipi tipici dei ritratti di famiglia e della fotografia vernacolare a favore di composizioni che si arricchiscono di riferimenti visivi alla fotografia turistica di più ampio respiro.
In generale è possibile individuare nell’amore di Skulina per il territorio altogardesano una chiave di lettura trasversale alla sua intera attività che si è poi tradotta in diversi filoni di indagine. L’autore infatti percorre costantemente i luoghi dell’Alto Garda dei quali offre una duplice lettura: da una parte la documentazione del lavoro e della vita degli abitanti; dall’altra la ricerca dei luoghi iconici attraverso i quali ammaliare i gruppi di comitive per le quali organizza le più disparate avventure.

Queste preziose fotografie sono rimaste chiuse in cantina per quasi settant’anni, fino a quando, grazie alla generosità degli eredi di Giovanni Skulina e in particolare al lavoro svolto dal figlio Roberto, il Museo Alto Garda, in collaborazione con l’Associazione Araba Fenice di Arco e la Soprintendenza per i beni e attività culturali della Provincia di Trento, si è fatto carico di riportare alla luce queste straordinarie testimonianze ancora sconosciute e di mostrarle al pubblico per la prima volta, regalandole così la visibilità che meritano.

VIDEO DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA

il direttore racconta

Il curatore racconta

 

Crediti foto: Archivio Museo Alto Garda, ph. Jacopo Salvi