I Gialli
Una mappa per raccontare dove il Risorgimento “ha lasciato il segno” Tre guerre ottocentesche, 1848, 1859 e 1866 hanno lasciato nel basso Trentino e nell’alto Bresciano segni che sono arrivati fino a noi. I più simbolici sono trasmessi dai monumenti, dalle lapidi, dai cippi che popolano centri abitati, colli, strade, cimiteri con liste di nomi. Essi si mescolano alle microstorie e alle memorie più colorite di diari, lettere, scritti – più o meno noti – che insieme impreziosiscono la ricostruzione storica. Scarica QUI la mappa dei segni, cippi e ricordi garibaldini e vai a visitarli!
Un docufilm di Mauro Zattera e Donato Riccadonna – 2023
Questa è una storia che parte ed arriva sullo Stivo, che “con i suoi 2054 metri è la montagna di riferimento degli arcensi, dove iniziano le avventure e ci si abitua a salire sulla montagna. È una figura che vedi dalla finestra da quando ti alzi a quando vai a dormire. Ci salivo spesso prima di andare in giro per il mondo. Una salita tosta di 800 metri, vicino a casa; un buon percorso per allenarsi”. Questo ci ha detto Walter Angelini, classe 1958, un passato escursionistico e alpinistico importante e molto conosciuto in quel di Arco e originario del rione centralissimo di Stranfor. Ci sono date nella vita che non si dimenticano: per Walter la domenica 8 marzo 2009 è una di quelle date. Infatti quella domenica di marzo la primavera stentava ad affacciarsi per via del nevoso inverno che aveva piegato e spezzato diversi alberi. Cosa c’era di più bello che fare un’escursione nella neve con cane al seguito e bimba in spalla e salire da Campi al rifugio Pernici sotto il sole? Quello che non sa è che sarà l’ultima escursione della sua vita. Il mercoledì successivo da un occhio vede appannato come fosse sott’acqua. In breve la situazione precipita e ben presto sente sintomi di stanchezza che non lasciano presagire nulla di buono. A luglio il responso della risonanza magnetica è di quelli che nessuno vorrebbe sentire: sclerosi multipla. Walter piomba in un incubo ma la vita gli riserva l’ennesima sorpresa: da edile e camminatore diventa uno smanettone al computer e si imbatte in un protocollo di un medico brasiliano che si basa sull’assunzione ad alte dosi giornaliere di vitamina D. Trova anche che due italiani sono andati in Brasile ad imparare e portare questa cosa in Italia: uno è un cardiologo dell’ospedale di Torino ed anche lui ha una malattia autoimmune e quindi testa il trattamento prima su sé stesso. Non perde nemmeno un secondo e si fionda a Torino a novembre 2014 e farà parte della pattuglia italiana di una trentina di pazienti che iniziano questo protocollo messo a punto da una ventina di anni da un neurologo brasiliano, Cicero Galli Coimbra, che ha elaborato un protocollo, non riconosciuto dalla comunità scientifica sostanzialmente per l’utilizzo di un altissimo dosaggio di vitamina D.
“Sono nove anni che seguo il Protocollo, sono nove anni che mese dopo mese sento che mi sto riappropriando del mio corpo, sono nove anni che ho voglia di fare progetti, sono nove anni che vivo la vita, sono nove anni che guardo le montagne con un sentimento diverso dalla speranza: è rinata la voglia della sfida. E così avevo promesso a mia moglie Erica che al compimento del 65° compleanno sarei risalito sullo Stivo”. Questo film documenta questa impresa alpinistica al limite dell’impossibile, tanto che lo Stivo potrebbe essere paragonato alla montagna più alta del mondo, l’Everest: è da questo abbinamento che nasce “Stiverest. Ritorno alla vita”.
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