Lodovico Beha

ID -

Bologna, 1844
Bologna, ...

Figlio di Giorgio e Caterina Righettini, frequenta Giurisprudenza a Bologna, allievo del Prof. di meccanica Quirico Filopanti (pseudonimo di Giuseppe Barilli, anch'egli arruolato nella Campagna del Tirolo: durante la battaglia di Cimego un proiettile gli sfiora il gilet).
Beha si arruola nel 1866 nel Corpo Volontari Italiani guidati da Garibaldi per combattere gli austriaci occupanti il Tirolo meridionale.
Viene incorporato nel 6° Reggimento, 1° Battaglione, sotto il comando del Com. Nicotera. Insieme a Lodovico si arruola anche il fratello Gioacchino, incorporato nel 10° Reggimento.
Lodovico tornerà salvo dopo la campagna trentina, dopo che i familiari avevano letto il suo errato necrologio. Infatti Lodovico era caduto prigioniero, catturato nel cruento combattimento attorno alla chiesa di S. Stefano di Bezzecca e deportato per un mese in Croazia.
Beha, al ritorno, scriverà un diario per testimoniare la sua esperienza, pubblicato in varie edizioni.

Dalle pagine, intrise di cultura umanistica (cita poeti latini, Dante e Manzoni), si scorge la sua passione per la libertà e la giustizia; «Io sono romagnolo» dichiara con orgoglio a un superiore che lo insulta ingiustamente.
Beha, grazie alle sue origini familiari, capisce e parla il tedesco e questo gli sarà utile nel periodo di prigionia.
I viaggi in treno per raggiungere il centro di addestramento di Bari, e il ritorno a Brescia, sono raccontati con dovizia di particolari:
«Stipati su carri per animali, da Bari a Brescia furono perduti 41 individui, chi balzato, chi trascinato, chi schiacciato: e bene disse il nostro colonnello (Nicotera) che quel viaggio era costata una battaglia». «Ad alcuni il movimento del treno produsse la gonfiezza dei piedi e delle gambe, e questo inconveniente li mise nell'impossibilità di proseguire il viaggio». “Alla stazione di Forlì un giovinotto in piedi sopra un vagone battè il capo contro una barra e cadde fra le rotaie; sul ponte del Po a Piacenza un altro fu sbatacchiato  e fracassato dallo sportello aperto: insomma una strage.»

Le pagine relative ai combattimenti della battaglia di Bezzecca e sui feriti agonizzanti nella chiesa di S. Stefano sono strazianti, così come sulla sua prigionia in Croazia, i cui racconti hanno come protagonisti fastidiosissimi pidocchi che ammorbavano l'esistenza dei prigionieri:
«L'occupazione principale era quella di ripulirci, dando la caccia a quegli animaletti famelici..(i pidocchi) ma era opera inutile: quello che si faceva di giorno veniva disfatto di notte sulla paglia. Durante la preparzione del rancio i pidocchi cadevano dai vestiti e si toglievano dal brodo galleggianti..ma alcuni rimanevano  e si sgranocchiavano tra riso e carne sotto i denti


Poletti Gianni, Neri Mauro, Il prigioniero garibaldino. Memoria dello studente Lodovico Beha combattente nel 1866 a Cimego e Bezzecca, in Passato Presente. Contributi alla Storia della Val del Chiese e delle Giudicarie, Rivista di storia locale, Quaderno N. 67, Editore Associazione del Chiese, Storo (Tn), 2016.